
Il Circolo di Lettura “Leggere Leggero” si è incontrato online il giorno 8 novembre 2020 per uno scambio di opinioni sul libro “Febbre” di Jonathan Bazzi.
La trama
Jonathan ha 31 anni quando un giorno di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia all´aperto e lo fa sudare di notte.
Aspetta qualche mese e poi si tuffa nella rete per perdersi in un’infinità di autodiagnosi. Pensa di avere una malattia incurabile, mortale e di essere prossimo alla fine. Ma il giorno in cui arriva il risultato del test dell’HIV la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo e non sta morendo. A partire da questo giorno che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci accompagna indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, il Bronx del Sud (di Milano), la terra di origine dei rapper, di Fedez e di Mahmood, il paese dei tossici, degli operai, delle famiglie venute dal Sud per lavori da poveri, dei delinquenti, della gente seguita dagli assistenti sociali, dove nelle case si parla un miscuglio di milanese, siciliano e napoletano. Dai questi confini non esce mai nessuno, così come nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si rubacchia e a volte si muore. Figlio di genitori giovanissimi che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, il protagonista cerca la sua personale via di fuga e di riscatto, riscatto dalla periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose “sbagliate” che incarna e che lo rendono diverso.
Febbre è un dunque romanzo autobiografico – e proprio per questo risulta difficile separare il protagonista dalla storia personale dello scrittore – che si svolge su due piani narrativi: il primo è quello della scoperta della malattia con tutte le sue conseguenze, il secondo è il racconto della vita precedente in Rozzano, nell´hinterland milanese.
Lo stile dell’autore è caratterizzato da un susseguirsi di periodi semplici e molto brevi, segnati da una punteggiatura ridotta all´essenziale. Un esempio da p. 11:
Accelero e poi rallento di nuovo.
Devo capire cos’ho.
Strada, incrocio, poi metro, mi devo sedere.
Mi fermo. Non ce la faccio.
Quando si parla di sesso l´autore usa un linguaggio crudo e forte, come a p. 257:
Le domande che faccio per portarmi al punto di non ritorno: scopi forte?
Ma forte quanto?
Gli ho sfondato il letto.
Gli ho rotto il culo.
Spesso Bazzi ricorre a metafore insolite, come a p.64: “Tu sei un coltello travestito da cucchiaio …” oppure a pregnanti ossimori (p. 272): “ … urlo nell’acqua.”
Ma anche una sconsolata e direi rassegnata saggezza trova una calzante espressione:
(p. 122): Non so menare e a Rozzano saper menare è importante. È più importante che avere i soldi, perché i soldi tanto non ce li ha nessuno, ma se sai menare sei a posto. Almeno ti fai rispettare.
Il lessico si basa suparole ed espressioni semplici, non particolarmente elaborate, tranne quando si espongono i risultati delle ananalisi e si parla della sua malattia:
(p. 144): Quando lo incontro per la prima volta, è molto chiaro sugli obiettivi della terapia che inizierò. Innanzitutto il recupero dei CD4: il virus aggredisce il sistema immunitario e in particolare questo sottogruppo dei globuli bianchi.
L’HIV li utilizza per riprodursi e, così facendo, li distrugge. Scopo primario della terapia è, da una parte, rendere irrilevabile la quantità di virus nel corpo e, dall’altra, ricostituire il patrimonio immunitario. Per farlo i linfociti CD4 sono un punto di riferimento essenziale: è il loro numero – cresce, resta sempre uguale? – che dice come vanno le cose. Una persona con un sistema immunitario intatto in genere ne ha tra i 500 e i 1200 per millilitro di sangue. Quando i CD4 scendono troppo si va in AIDS.
Il discorso diretto non viene segnalato graficamente tra virgolette e i dialoghi tra i personaggi vengono inseriti nel flusso del racconto e dei pensieri del protagonista.
(p. 113): Il medico chiama subito, lì di fronte a me.
Annuisce. Ah, d’accordo.
Più di un mese d’attesa.
Se preferisce può prenotare la sua prima visita da un’altra parte, dice.
Può anche pensare di farla privatamente, veda lei.
E dove? Un ospedale a caso?
Ci posso pensare un momento? Lui intanto me la fissa lo stesso, il protocollo vuole così.
Commenti e giudizi dei partecipanti:
Potremmo dire che “Febbre” per il nostro gruppo è stato un libro “divisivo”, nel senso che alcuni partecipanti non l´hanno apprezzato molto e di conseguenza non lo consiglierebbero come lettura, ma tutti hanno comunque riconosciuto nel libro il grande coraggio di Bazzi nel raccontare apertamente e crudemente la sua vita, il suo essere omossessuale e la sua malattia che ancora oggi è un tabu. La descrizione di Rozzano, della vita del protagonista e dei personaggi che lo circondano è stata per tutti la parte più interessante, mentre quella della malattia è risultata essere un po´ troppo dilatata.
Opinioni contrastanti sono state espresse sulla carica di “negatività” del libro, la nostra S. ha definito il protagonista addirittura “ipocondriaco” e ha criticato il linguaggio molto, troppo realistico usato dal Bazzi nel descrivere i suoi rapporti con altri uomini. Lo stile scarno e rapsodico del libro invece non ha trovato la condiscendenza di F.
Sull´infanzia e sulla giovinezza del protagonista trascorsa a Rozzano sono stati espressi giudizi differenti e abbiamo discusso se il Bazzi scrittore sia cresciuto o meno in un ambiente famigliare “disagiato”. Per alcuni quello descritto è stato un periodo felice nel quale l´autore si è visto accettato e aiutato nell´ambito famigliare, ma G. ha fatto notare l´atteggiamento del padre, sempre lontano ed inaffidabile e la fredda anaffettività dispotica di nonno Biagio.
“Febbre” è un libro che mette in scena l´omosessualità e la malattia e questo, a detta dei partecipanti, se accende un faro su aspetti semi-sconosciuti tra generazioni più mature, può risultare scostante proprio per i diversamente “giovani” (eufemismo per definire gli anziani).
Ma proprio questo aspetto ha coinvolto molto una partecipante, M., che attraverso la lettura ha rivisto e rivissuto una dolorosa vicenda personale. La stessa ha riportato di come alcuni esponenti della comunità LGBTI di Francoforte abbiano addirittura raccomandato a tutti la lettura di “Febbre”!
Un ultimo punto ha riguardato scrittori omosessuali e la loro produzione. Non molti, ma oltre a Pasolini P. ha ricordato le opere di Pier Vittorio Tondelli e Aldo Busi.
Una nota personale: ritengo “Febbre” un buon libro perché ha portato il nostro gruppo a confrontarsi e a discutere su una difficile tematica.